Nel suo testo per la mostra “Mirabilia”, organizzata dalla Fondazione Cologni presso Triennale Milano e dedicata all’artigianato artistico milanese, la storica dell’arte Susanna Zanuso così descrive il clima di febbrile attività che animava le botteghe dei maestri d’arte ambrosiani: «Dalle botteghe di cristallai, armaioli, tornitori, ricamatori, fonditori, ageminatori, intagliatori di cammei e di medaglie, uscivano oggetti eseguiti con rara perfezione che dovevano il loro successo al fatto di essere unici e sorprendenti: la scoperta di nuove tecniche di lavorazione, i cosiddetti “secreti” gelosamente custoditi dalle botteghe milanesi di cui ci parlano le fonti, aveva permesso a questi artigiani-inventori di creare manufatti mai visti prima, principale oggetto del desiderio di tutte le corti europee.»
Per il Salone del Mobile 2024, il progetto Doppia Firma rinnova il dialogo fertile tra il design europeo e la tradizione dell’alto artigianato milanese: quindici coppie d’eccezione, formate per l’occasione e chiamate a realizzare altrettante opere espressione di artigianalità e progettualità d’autore.
Questi segreti di bottega, rari e preziosi come gli oggetti che venivano creati, non sono scomparsi: la vocazione industriale, finanziaria, culturale di Milano non ha cancellato il suo ricco sostrato di alta artigianalità.
E la forza del design, di cui Milano è capitale internazionale, viene ora chiamata a valorizzare il ruolo dell’artigianato: sempre più autori, designer e architetti sentono oggi che il dialogo con l’alta manifattura, consapevole e competente, permette loro di esprimersi al meglio e di firmare i nuovi classici della bellezza contemporanea. Nell’“impero delle cose”, così come è stato definito il Rinascimento italiano, Milano (continua Susanna Zanuso) «era riuscita a porsi al centro d’Europa nella produzione di oggetti preziosi e esclusivi grazie alla pratica integrata di lavoro artistico e ricerca tecnica, dove il processo creativo nasceva e si nutriva di nuovi materiali e di nuove lavorazioni: un indiscusso primato internazionale che affondava le sue radici nel profondo legame, mai veramente interrotto durante tutto il Cinquecento, che la città aveva mantenuto con la stagione dello sperimentalismo leonardesco.» Oggi, questo sperimentalismo viene ricercato in ambiti diversi: quello del design, appunto. Quello dell’eccellenza contemporanea che si nutre di scienza, arte, desiderio della meraviglia. Quello di una Milano che ha la capacità di saper trasformare i sogni in progetti.
Al fine di mettere in evidenza questi talenti artigianali rari, i cui opifici ancora impreziosiscono le strade e i quartieri di Milano, la Fondazione Cologni (insieme a Living Corriere della Sera, e con il patrocinio di Michelangelo Foundation) ha voluto dedicare la nuova edizione di “Doppia Firma. Dialoghi tra pensiero progettuale e alto artigianato” proprio al connubio tra manifattura urbana ambrosiana e design internazionale.
In occasione del Fuori Salone, quindici coppie sono state chiamate a cimentarsi nella sfidante avventura di rievocare il fasto delle botteghe rinascimentali, delle corti sforzesche, delle energie leonardesche. Con mano leggera e con sorridente ironia, i quindici designer provenienti da tutto il mondo si sono lasciati condurre nei territori dell’antico ducato visconteo, per collaborare con artigiani che – dal vetro all’argento, dal metallo alla ceramica, dal legno alla pelle – rappresentano oggi la rara avis di un mondo silenzioso, eppure magnetico: quello degli artigiani urbani, depositari di segreti che mutano senza mai perdere la loro aura. Come quella che Serapian sa infondere alla pelle lavorata a mosaico, secondo una tecnica esclusiva della maison meneghina che richiede non solo perizia, ma anche gusto e sensibilità: qualità e caratteristiche che pochissimi artigiani possiedono, e che Cristina Celestino (chiamata a collaborare con Serapian) ha sublimato in una seduta che ha la preziosità di una borsa, ma anche la solida affidabilità di un imbottito. Pelle preziosa e intarsiata anche per la libanese Nada Debs, che crea con Artèpura un pannello innovativo che si trasforma in panchina.
Il purismo onirico del giapponese Oki Sato di Nendo si è misurato in un gioco di intelligenza con il ceramista Tonino Negri, per creare una scacchiera suggestiva e senza tempo.Jean-Servais Somian e Ahmad Angawi si confrontano con i legni levigati come seta di Giordano Viganò e dei Fratelli Boffi. La lavorazione dei metalli, fiore all’occhiello della Milano rinascimentale, ha un ruolo di rilievo: la fiammeggiante visionarietà di Studio Job e di Chris Fusaro fanno fiorire e decollare l’argento di opifici storici come Ganci e Miracoli, Marcel Wanders illumina gli ottoni di Ambrogio Carati, Natalia Criado medita sulle tensioni metalliche della Fucina di Efesto, Marco Campardo si specchia nelle patine raffinate della Fonderia Battaglia. Le trasparenze dei vetri e lo splendore dei cromatismi vengono interpretati dai francesi Materra-Matang (con Soffieria Villa) e da Agostino Iacurci (con Rosetta Gava, specialista di vetrate policrome). Il raffinato equilibrismo di Elliott Barnes incontra la solida maestria di Pietro Virzi, tappezziere della moda; e la moda è protagonista anche nei ricami dell’Atelier Pino Grasso, applicati in maniera inedita a una lampada in ceramica di Elisa Uberti. Ceramica anche per Anita Cerrato, ma fratturata e risanata grazie alla lacca urushi e alla tecnica del Kintsugi, per assecondare il progetto di Palomba-Serafini. Con questa edizione di Doppia Firma, la Fondazione Cologni ha voluto sottolineare come la preziosa eredità dei maestri artigiani, benché ormai rara, sia sempre rimasta presente sottotraccia nel tessuto produttivo milanese: e se oggi la metropoli lombarda è la capitale riconosciuta del design e della moda, è anche perché nel DNA della città scorre questa vocazione all’eccellenza artigianale che ha sempre saputo mettersi in dialogo con lo spirito dei tempi.
Quindici pezzi contemporanei che rappresentano i “segreti del mestiere” di altrettanti atelier e manifatture, prodotti in pezzi unici o in piccola serie, dal profondo significato artistico e culturale. Opere speciali e significative, veri e propri “beni” per i quali il valore del fatto a mano evoca la centralità del talento artigiano e il dialogo con la creatività progettuale per cui Milano è giustamente celebre.