Essere Corrado

di Andrea Sinigaglia

fotografie di Brian McGee

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 27 settembre - 2023

«Non credo nella separazione tra dolce e salato. La natura non fa questa distinzione, ci può essere tanta dolcezza in un pesce quanta sapidità in un frutto».
Una volta sentii pronunciare queste parole da quello che è reputato il punto di riferimento non solo della pasticceria ma anche del gusto, non solo siciliano ma anche nazionale. Questa frase, questa convinzione lungi dal giustificare un becero relativismo gastronomico che potrebbe condurre al caos perfetto apre, in verità, nella storia e nell’esperienza di chi la possiede una prospettiva fatta di esplorazione, ricerca e proposta meravigliosa. A Noto, al Caffè Sicilia, nel cuore dell’isola fascinosa e altera c’è il punto focale del pensiero e dell’azione di Corrado Assenza. Persona semplice e profonda, la sua pacatezza nel dire e nel fare è gravida di vissuto.

 

 

Corrado Assenza è considerato un pioniere tra gli chef italiani. Formatosi in chimica e biologia, porta la precisione della ricerca scientifica nelle sue ricette, ispirandosi alla grande tradizione della pasticceria siciliana per ideare nuove e sorprendenti combinazioni di sapori.

 

Quando sei davanti a lui vedi uno che crede in quello che dice e fa quello in cui crede e te lo fa mangiare. Le parole stanno a zero, puoi essere in accordo o in disaccordo ma la provocazione è radicale, un’anarchica eleganza conduce la danza. Assenza è capace anche di una sottilissima ironia nel proporsi e l’ironia è come le quattro dita d’acqua in cui può galleggiare un transatlantico carico di suggestioni, eversioni e perché no insurrezioni. La sua potenza comunicativa è innanzitutto data dalle sue radici, oseremmo dire “secolari”. Prima di tutto la materia prima. Punto.

Conoscenza del territorio, dell’albero di mandorla o di gelso e della persona che lo cura. Il miele – materia di cui è cultore – il pistacchio, l’origano, lo zafferano, il peperoncino, la pasta e il pastaio, il gelato, il riso, specialmente il Venere, i frutti in generale ma anche il pesce e i pescatori con le loro facce rugose, la carne e i macellai, quelli veri tipo Franco, il mondo del cibo come in un pantone diventa in-grediente ovvero entra nel pensiero di Corrado e atterra nel piatto. La critica ontologica contro i semilavorati industriali, il suo essere Maestro di Arte e Mestiere, la difesa strenua dell’artigianalità, della pasticceria da ristorazione come pari dignitaria dei piatti della carta di un ristorante e non orpello conclusivo e decorativo.

Tante battaglie, tante prese di posizione, tanto dialogo con i più grandi dello scenario gastronomico ma dentro una pazienza quasi indecifrabile, lo vedi salire sul palco di un congresso o in una cattedra a New York o servirti una granita al Caffè Sicilia con lo stesso piglio e con lo stesso volto perché come gli autentici lui di faccia ne ha una. Ci piace dunque raccontare di lui in questo numero dedicato al virtuosismo perché non vogliamo cedere al manierismo nel mondo della gastronomia, non vogliamo arroccarci al tecno emozionale, vogliamo resistere, in un credo in cui alberga tanta italianità. Resistere per esistere. Corrado rappresenta la vedetta, è chiamato a incendiare i cuori, a ispirare magari a portare discordia, amen… La sua realtà è contrappeso a tutte le potenziali deviazioni che l’arte della cucina possa interpretare come falsa virtù.

 

 

Corrado, kuoni e radha, che insieme significano “coraggioso nelle decisioni”. È nel tuo etimo. Per questo, per quello che fai e per il frutto che è destinato a generare il tuo essere, dedichiamo a te e a chi attende di rinvenire sulla sua strada il coraggio della decisione diamo spazio alle parole di un grande della tua terra, Elio Vittorini, che nell’incipit del suo Conversazione in Sicilia, quasi un secolo fa affondava la lama nei cuori troppo spesso anestetizzati così: «Io ero, in quell’inverno, in preda ad astratti furori.

Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica che erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo questo, ed ero col capo chino. Vedevo manifesti di giornali squillanti e chinavo il capo; vedevo amici, per un’ora, due ore, e stavo con loro senza dire una parola, chinavo il capo; e avevo una ragazza o moglie che mi aspettava ma neanche con lei dicevo una parola, anche con lei chinavo il capo.

Pioveva intanto e passavano i giorni, i mesi, e io avevo le scarpe rotte, l’acqua che entrava nelle scarpe, e non vi era più altro che questo: pioggia, massacri sui manifesti dei giornali, e acqua nelle mie scarpe rotte, muti amici, la vita in me come un sordo sogno, e non speranza, quiete. Questo era il terribile: la quiete nella non speranza. Credere il genere umano perduto e non avere febbre di fare qualcosa in contrario, voglia di perdermi, ad esempio, con lui. Ero agitato da astratti furori, non nel sangue, ed ero quieto, non avevo voglia di nulla.

Non mi importava che la mia ragazza mi aspettasse; raggiungerla o no, o sfogliare un dizionario era per me lo stesso.

Ero quieto; ero come se non avessi mai avuto un giorno di vita, né mai saputo che cosa significa essere felici, come se non avessi nulla da dire, da affermare, negare, nulla di mio da mettere in gioco, e nulla da ascoltare, da dare e nessuna disposizione a ricevere, e come se mai in tutti i miei anni di esistenza avessi mangiato pane, bevuto vino, o bevuto caffè, mai stato a letto con una ragazza, mai avuto dei figli, mai preso a pugni qualcuno, o non credessi tutto questo possibile, come se mai avessi avuto un’infanzia in Sicilia tra i fichi d’india e lo zolfo, nelle montagne; ma mi agitavo dentro di me per astratti furori, e pensavo il genere umano perduto, chinavo il capo, e pioveva, non dicevo una parola agli amici, e l’acqua mi entrava nelle scarpe».

CORRADO ASSENZA

Nato a Noto (SR) dopo la maturità si iscrive alla facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, dove studia entomologia e si specializza in apicoltura. Nel 1983, il richiamo della storica pasticceria di famiglia, lo fa tornare nella città natale, per occuparsi del Caffè Sicilia.

Il locale, santuario dell’arte dolciaria siciliana, propone esperienze sensoriali di naturale purezza, attraverso la bellezza e la conoscenza delle materie prime del suo territorio. La sua intelligenza, sana e poliedrica, lo rende un trapezista che gioca sul filo dei principi culinari, rimanendo sempre in equilibrio e reimpostandone ogni volta i limiti. La sua arte racchiude, in un unicum gustativo, i profumi della Sicilia, rispettando le leggi dell’armonia.

Tra i tanti traguardi, nel 2018 Netflix gli dedica una puntata di Chef’s Table Pastry e, nel 2020, viene proclamato Maestro d’Arte e Mestiere della Pasticceria.

Andrea Sinigaglia

Andrea Sinigaglia

Laureato in Lettere alla Cattolica di Milano, ha conseguito un Master in Cultura dell’Alimentazione a Bologna e un MBA presso il MIP. Ha pubblicato: La cucina Piacentina (Tarka, 2016), Gusto Italiano (Plan, 2012) e Il vignaiolo. Mestiere d’arte (Il Saggiatore, 2006). Dal 2004 insegna Storia della Cucina italiana presso ALMA, dove, dal 2013, è direttore generale

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