Virtuoso è una parola potente, densa, che apre e connette mondi. Deriva dal latino virtus, che significa forza e che a sua volta deriva da vir, uomo, che è l’origine e il fine di ogni virtù. Il virtuoso è pertanto chi esercita una forza consapevole e perseverante con l’obiettivo di conseguire un fine elevato, resistendo alle avversità della fortuna.
Dall’incontro tra due storie di eccellenza italiana, nasce la collaborazione tra Venini e Buccellati. Due marchi iconici, accomunati dall’alta artigianalità e dall’originalità delle loro creazioni, si uniscono per dare vita a una collezione di vasi fatti per meravigliare.
Nei secoli, le virtù sono state interpretate in modi diversi, in base ai diversi contesti storici: per i Romani le virtù erano morali, orientate a esprimere e a raggiungere il bene collettivo; il Medioevo ha privilegiato la spiritualità delle virtù teologali, che hanno Dio come oggetto formale. «O isplendor di Dio … Dammi virtù a dir com’io il vidi!» scrive Dante, mentre è nel Settecento illuminista che il virtuoso diviene chi eccelle in un’arte, principalmente la musica, al punto da superarne con assoluta padronanza le tecniche. «Il virtuosismo è l’arte di esprimere l’impossibile con facilità», afferma Niccolò Paganini, tra le massime espressioni del virtuosismo violinistico, per sottolinearne l’intreccio di talento, maestria e tecnica.
Dall’Età dei Lumi, “virtuosi” sono coloro che riescono
a superare i limiti della tecnica e a raggiungere perfezioni irraggiungibili ai più, chi dimostra un’abilità eccezionale, un talento o una maestria in un campo specifico, come la musica, l’arte, lo sport o altre discipline. Nella musica, ad esempio, un virtuoso è un musicista estremamente talentuoso e abile, che suona uno strumento con straordinaria precisione, abilità ma anche intuito e creatività. Lo stesso vale per tutte le arti, che considerano virtuoso non soltanto chi padroneggia magistralmente le tecniche ma anche chi ha il coraggio di infrangere gli steccati disciplinari, intersecando estetiche, tecniche e ispirazioni.
Da questa prospettiva la recente collaborazione tra Buccellati e Venini è un brillante esempio di virtuosismo contemporaneo, perché esprime la maestria di una doppia eccellenza, negli argenti e nei vetri, e anche perché dimostra che le innovazioni non sono legate esclusivamente all’invenzione del nuovo ma, come sosteneva Joseph Schumpeter, esse possono nascere anche dalle nobili tradizioni del passato. È il caso degli argenti di Buccellati, la Maison fondata a Milano nel 1919 da Mario Buccellati, e oggi parte del Gruppo Richemont, i cui gioielli e argenti sono ammirati in tutto il mondo per la squisita manifattura, fondata sulle antiche tecniche orafe e argentiere del Rinascimento, e per l’eleganza delle forme. A Mario Buccellati va il merito di aver saputo valorizzare le antiche tecniche del passato, soprattutto l’incisione e il traforo, e di averle fatte poi evolvere secondo un’estetica contemporanea.
Anche i vetri di Venini, realizzati sull’isola di Murano, hanno conquistato il mondo per la loro bellezza senza tempo e la maestria artigianale di tecniche millenarie. La storia di Venini risale al 1921, quando l’avvocato Paolo Venini fondò, insieme all’antiquario veneziano Giacomo Cappellin, a Luigi Ceresa ed Emilio Ochs, la Vetri Soffiati Muranesi Cappellin Venini & C., con l’obiettivo di innovare l’antica arte del vetro di Murano, facendone una delle massime espressioni della qualità e della bellezza italiana.
Due storie coeve, quelle di Buccellati e di Venini, cominciate all’inizio del secolo breve, con molti valori in comune: storie di uomini visionari e di committenti illuminati, di famiglie numerose e unite da affetti e affari, di innovazioni tecniche e di tradizioni millenarie combinate insieme in creazioni leggendarie. Buccellati e Venini sono ambasciatori nel mondo della bellezza italiana e condividono una storia di virtuosismo legato alle grandi tradizioni italiane di due materie meravigliose come l’argento e il vetro, sapientemente innovate nelle tecniche e reinterpretate nel segno della contemporaneità. E le vicinanze non finiscono qui. Pochi sanno, infatti, che il primo lavoro che il Vate commissionò a Buccellati, nel 1922, è legato al vetro: la legatura di un frammento marciano, un vetro bicolore, rosso granato da un lato e oro vecchio dall’altro, particolarmente caro a D’Annunzio che lo aveva destinato a un dono prezioso. «Fu un lavoro molto arduo – ricordava Mario – ma la legatura fu fatta e piacque tanto che, si può dire, legò me, da allora, a D’Annunzio». La lettera del poeta del 7 novembre 1922 lo conferma, quando scrive: «Mio caro Buccellati, la legatura del frammento marciano è bellissima. Me ne felicito con lei e me ne congratulo con me. La sua arte sottile va di bene in meglio».
Un secolo dopo Buccellati presenta Rosso Maraviglia, una collezione di centrotavola, vasi e coppe che accosta le sue caratteristiche creazioni in argento agli iconici vasi Fazzoletto, Déco e alle coppe Narciso e Venere di Venini. Un elegante ornato di frutti e foglie in argento decora l’iconico vaso Fazzoletto nato, nel 1948, dalla creatività del pittore Fulvio Bianconi, le cui forme sinuose e ondulate vengono esaltate dal ricco trionfo vegetale della base. Analogamente, Buccellati interviene nel vaso Déco, disegnato nel 1939 da Napoleone Martinuzzi, all’epoca direttore del Museo del vetro di Murano, accentuandone la composizione ritmica, formata dall’alternarsi di costolature tonde orizzontali in vetro opalino, aggiungendo una fila di anelli in argento al piede e alla bocca del vaso. Infine, le coppe Narciso e Venere, realizzate con la tecnica “opalini” in vetro incamiciato, si arricchiscono, rispettivamente, di una lussureggiante decorazione in frutti e di una corona di conchiglie, per ricordarci, come affermava Mario Buccellati, che «l’argento è come il pane, più lo si lavora e più diventa bello».