La ricerca sul campo è andare nei luoghi, conoscere le persone. Occuparsi di artigianato raro e in sparizione presuppone essere curiosi e immergersi nel cuore dei comuni più remoti, alla ricerca di coloro che narrano di memoria e vivono nell’oggi. Sono maestri artigiani che da generazioni perpetuano un saper fare. I loro sublimi manufatti irradiano i valori, l’estetica e l’identità di una comunità. Spesso li diffondono dai confini dei loro territori fino a terre lontane, dove gli stranieri comprendono la bellezza della loro produzione. L’Abruzzo è una regione meravigliosa. Colline, mare e montagna. Montagna aspra, montagna del centro Italia, non sono le Alpi. Dalle vette, quasi lunari, si vede il mare. Emozione sconcertante. Il mio obiettivo è il comune di Scanno, in provincia de L’Aquila, con la sua tradizionale gioielleria.
A Scanno, in Abruzzo, il tempo si è fermato nella storica bottega d’oreficeria della famiglia Di Rienzo. Un tuffo nel passato con Eugenio, erede di una lunga dinastia di Maestri, alla scoperta del significato autentico di un gioiello in filigrana che non conosce mode.
Alla guida da ore, mi inerpico nella Valle del Sagittario, circondata da un anfiteatro montuoso: Monte Genzana, Monte Argatone, La Terratta e il Monte Godi, una parte dei Monti Marsicani. Siamo nel Parco Nazionale d’Abruzzo, tra il Lazio e il Molise. La strada è stretta e tagliata nei monti, la vegetazione è folta e molto eterogenea con boschi misti. Vedo roverelle, noccioli, lecci, faggi, aceri montani, abeti rossi e pini neri. Una grande varietà di fiori colorati e rigogliose felci. La Valle si apre e a forma di cuore mi appare l’azzurro lago di Scanno. Eccomi arrivata in questo borgo meraviglioso, dove il tempo pare essersi fermato.
L’arte orafa a Scanno è profondamente radicata, pare risalga al Seicento ed era legata al costume storico. I gioielli scandivano la vita delle donne, venivano regalati per il corteggiamento, il fidanzamento, il matrimonio. Erano donati alla giovane futura sposa dal fidanzato o dalla madre di lui. Si trattava di pegni carichi di promesse, devozione, attesa e consacrazione. Venivano indossati non soltanto nei momenti importanti, ma nella vita di tutti i giorni. Il gioiello aveva un valore oltre che ornamentale anche apotropaico. Altamente scaramantici, gli scannesi scongiuravano il “condrammalucchie” per evitare malattie, malocchi e influssi maligni.
Incontro Eugenio Di Rienzo, un uomo energico e solare. Un maestro orafo con un gran sorriso e il desiderio di condividere la passione di famiglia. Un uomo che ama la bellezza.
La famiglia Di Rienzo è una famiglia storica di orafi locali, che produce gioielli sin dal 1850. Armando di Rienzo abbelliva le vesti delle donne del luogo, producendo gioielli tradizionali. Nel 1926 inventò, trasformando un fermaglio passa-filo, un nuovo ciondolo-spilla che donò alla sua sposa. Era l’Amorino, il gioiello simbolo della moderna tradizione orafa scannese, talmente famoso che vinse un premio a New York.
Eugenio segue la strada del nonno, anche lui è un appassionato sperimentatore e creatore. Ha studiato all’Istituto d’arte sezione oreficeria a Sulmona, ha rubato con gli occhi al nonno e al papà. Fin dalla più tenera età, 5 anni, è stato in bottega. Guardava con entusiasmo i sapienti gesti del nonno, giocava e si cimentava. Eugenio sapeva che sarebbe diventato un orafo.
Vive nella sua bottega, adora creare i suoi gioielli e quando le sue esperte mani danno forma alla creatività perde la cognizione del tempo. Per non essere travolto dalla sua stessa passione prende la moto e viaggia. Amici e famiglia gli ricordano che il lavoro non può assorbire interamente la vita.
Nella sua bottega, appena fuori dal centro storico di Scanno, vi sono attrezzature tradizionali ereditate dalla famiglia che convivono con macchinari moderni ad alta tecnologia. La produzione di Eugenio Di Rienzo è molto varia. Si diverte a riprodurre modelli che suo padre aveva inventato negli anni Venti, come fibbie maschili, orecchini, bracciali e specchietti liberty. Unisce la produzione dei gioielli tradizionali, fatti in filigrana d’argento e d’oro (Bottoniera, Presentosa, Circeje, Sciaquajje e Chiacchiere), un tipo di gioielleria che non conosce mode e che ha continue richieste, alla sperimentazione di nuove realizzazioni come filigrane sottilissime, interpretazioni moderne della tradizione. Gioielli molto belli capaci di adornare le donne di oggi. Poi ritorna nella profonda tradizione, restaurando preziosi oggetti liturgici, tesori d’Abruzzo, come la meravigliosa Croce di Nicola da Guardiagrele datata 1422. Di Rienzo ha un distributore, di Pescara, che propone le sue creazioni firmate sia nelle regioni limitrofe sia a Roma. Ha un e-commerce e vende il suo brand su piattaforme importanti. Memoria e innovazione dunque, tra montagna e mare.
Nella tradizione locale si trovano:
Bottoniera: dodici bottoni in argento, posti sul corpetto del costume tradizionale “comodino” di Scanno;
Presentosa: forse il più famoso, nominato anche da d’Annunzio ne “Il Trionfo della morte”. Si tratta di una grande stella di filigrana con uno o due cuori centrali, un tempo donata dallo sposo alla futura sposa come pegno d’amore;
Cicerchiata: tipico anello nuziale con decorazione granulare, che richiama i grani della leguminosa “cicerchia”;
Circeje: grandi orecchini in lamina traforata a forma di navicella con pendenti di perle. Il lavoro traforato assumeva il viso di una Circe, che doveva incantare il maschio, sopra un piccolo gallo lo attirava con il suo richiamo;
Sciaquajje: orecchini a navicella semilunata in oro arricchiti con pendenti oscillanti, così chiamati perché mentre la donna sciacquava i panni facevano un suono caratteristico;
Chiacchiere: lunga collana a spighette d’oro cave e decorate a pressione, da rigirare intorno al collo;
Amorino: un complesso ciondolo a spilla da regalare alla sposa, raffigurante un angioletto che scocca un dardo. È l’unico gioiello-simbolo ad avere un’origine sicura: fu creato dall’orafo scannese Armando Di Rienzo negli anni Venti, donandolo in matrimonio alla sua sposa.