Riccardo Dalisi diceva: «animazione è un termine astuto uscito dall’alveo cinematografico e teatrale per dialogare nella didattica e nelle operazioni estetiche, nel lavoro di quartiere, nel design e nell’architettura.»
Sono ormai diversi anni che il lavoro di Dalisi viene storicizzato all’interno di quel movimento di design radicale che ebbe la sua massima definizione attraverso l’esperienza condotta nell’ambito della Global Tools, contro-scuola di architettura fondata nel 1973, di cui Dalisi è stato uno dei principali animatori.
Il poliedrico architetto, designer e scultore di fama internazionale Riccardo Dalisi ha sempre messo al centro della sua ricerca l’uomo e la sua interazione con la società. Da qui il suo impegno nei quartieri poveri di Napoli: un riscatto sociale tramite il valore tangibile dell’esperienza.
Dalisi, fin dagli anni Settanta, prediligeva le strade e i cortili di Napoli alle pareti del suo studio: usciva nella città e praticava “il gioco del fare”. Le sue teorie, messe in pratica nel territorio, fecero nascere quello che passò alla storia come “design povero”, una pratica progettuale realizzata attraverso esperienze di didattica spontanea di gruppo. Dalisi portava, ai ragazzi di Napoli del quartiere Traiano, strutture da assemblare per costruire oggetti e spazi attraverso una pratica collettiva che si basava soprattutto sul gioco. Un’attività ludica espressa negli spazi urbani che Dalisi cercava di orientare verso una “grammatica generativa”: un percorso progettuale che lo pone come uno degli esponenti più significativi non solo del design radicale ma anche dell’arte nel sociale.
Dalisi, anche da vecchio, aveva conservato la gioia nel fare, come un bambino che ama giocare e si stupisce ogni volta di fronte a ciò che è uscito dalle sue mani. Nelle sue lezioni universitarie chiamava questa pratica “geometria generativa”: un tentativo di controllare il gioco delle trasformazioni nello spazio.
Il suo rapporto con l’artigianato, e con il pensare e realizzare attraverso la collaborazione con gli artigiani, ha mantenuto sempre questa base di pratica creativa: realizzava così oggetti come “strumenti di partecipazione” facendo nascere un design dell’imprevedibilità.
Con questo atteggiamento, oltre al suo impegno sociale con i bambini dei quartieri Traiano e Ponticelli, Dalisi ha realizzato oggetti seduttivi come le sue particolari caffettiere, rivisitazioni della tradizionale caffettiera napoletana. Oggetti che nascono come “burattini” per il gioco del teatro domestico. La caffettiera diventa così un personaggio: Pulcinella, Totò, Pinocchio…
E proprio la caffettiera di latta, attraverso il gioco innescato da Riccardo Dalisi, come un bambino che con la fantasia riesce a trasformare in “altro” qualsiasi oggetto domestico, è potuta diventare “tutto”, addirittura un monumento cittadino (in una versione di grande formato).
Con la fantasia, Dalisi è riuscito, sempre attraverso il gioco, a trasformare qualsiasi oggetto in un giocattolo, con il contributo e la partecipazione dell’artigianato locale di quartiere.