Quando una persona diventa un luogo

di Andrea Sinigaglia

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 26 Aprile - 2023

Ma guardatelo… è uno che gioca.
C’è un punto in cui il dissetarsi si tramuta in giostra e in questo spazio la persona si espande e diventa luogo. Il barman è un luogo, un pop up, una creatura evocata e tutta intessuta di ironia, di sarcasmo, di confidenza, è un croupier della relazione che tiene il banco e distribuisce le carte, le mischia innanzitutto, poi le distribuisce, e rilancia. Lui è quello che si muove e agita, noi siamo quelli seduti di fronte ma lui in realtà è il punto fermo, noi quelli in transito; si susseguono contraddizioni, si sciolgono inibizioni.

 

Persino nella più antica Scuola alberghiera d’Italia, all’interno della più geniale collezione di manifesti didattici che sia mai stata concepita, il barman è visto, tra le altre inquadrature, come un giocoliere o un giocherellone. Ma questa etichetta, questo epiteto cosa ci dice di lui e di noi?

 

 

È una partita che ci aggrada. La parola “spirito” con riferimento alle bevande l’hanno coniata gli arabi, maestri della distillazione, la parte volatile nell’alambicco è l’anima della materia al-kuhl. Lo spirito, alcool.
È un’esperienza dello spirito che coinvolge e sconvolge talvolta il corpo, quella che cerchiamo osservando la maestria di un barman. Per arrivare però alla sintesi del sorso va attraversato tutto lo spettacolo del percorso e il ludico rito che parte da un primo imbarazzo della scelta o da un sapere già che l’opzione ricadrà ancora una volta sul “solito” per vedere questa volta l’effetto che fa. C’è la preparazione, ci sono le bottiglie, le loro forme, i brand, c’è tutto il mondo che è lì composto e distillato, silenzioso, ma basta togliere un tappo e si è trasportati in un’isola caraibica, in Francia o chissà dove.

 

 

Agrumi, foglioline e tanti altri “pezzi di lego”, c’è la gestualità, e gli attrezzi indispensabili per l’alchemica pozione, c’è il sorriso esperto e fiero del professionista della miscelazione e i nostri occhi che assistono a un lavoro fatto per noi e solo per noi su misura, adesso. Le nostre orecchie sentono i rumori della macchinazione che si va animando: vetro, acciaio, suoni di oggetti che si svitano, si versano, entrano in scena e tornano rapidamente al loro posto, ordinate, a volte cozzano tra loro bottiglie ma sempre dignitosamente. E tutto è dentro a una danza di profumi, non mancano mai gli agrumi, ci sono le spezie e ovviamente le essenze che ci rapiscono. I bicchieri hanno forme appropriate e dedicate, c’è un codice quasi d’onore per tutto, pure per le decorazioni anche quando si tratta di un ombrellino di carta e questo rende la retorica dello show profonda, ci domanda rispetto ma non ci impone serietà.

Ed ecco infine, appunto, quando iniziamo noi il tatto e il gusto, la nostra parte di protagonismo, il bicchiere è servito e tutto questo magma di emozioni è stato gestito necessariamente sottozero grazie al grande attore non protagonista, il ghiaccio che incapsula il materiale “esplosivo” in una dimensione di controllo: il ghiaccio è il grande vettore, è una materia su cui pattinare anche se siamo lì e lo teniamo in pugno con le nostre dita fredde, freddissime. L’assaggio, l’emozione, un sospiro, si spera un sorriso, una scoperta o una conferma non importa, un grazie al barman, e avanti un altro, un altro cliente o un altro giro, qualcosa è innescato, il gioco è fatto ed è appena iniziato, abbiamo tra le mani un oggetto di espressamente fatto solo per noi. Ludico nel suo etimo significa giocoso, libero. Questo spazio, che il barman crea o diventa, incarna o inscena è quella porzione, quel sorso appunto di giocosa libertà di cui abbiamo tanta sete nelle nostre vite adulte o nelle nostre giovani notti. È un gioco ma non è uno scherzo, è un’arte e un mestiere: ci sono dei maestri anche in questo campo e ci piace qui indicarne quattro che dedicano la loro vita e attività con passione a questo mondo.

 

Andrea Sinigaglia

Andrea Sinigaglia

Laureato in Lettere alla Cattolica di Milano, ha conseguito un Master in Cultura dell’Alimentazione a Bologna e un MBA presso il MIP. Ha pubblicato: La cucina Piacentina (Tarka, 2016), Gusto Italiano (Plan, 2012) e Il vignaiolo. Mestiere d’arte (Il Saggiatore, 2006). Dal 2004 insegna Storia della Cucina italiana presso ALMA, dove, dal 2013, è direttore generale

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