Ho conosciuto Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni nei primi anni Ottanta, quando frequentavo la Cooperativa Ceramica di Imola. I due artisti ceramisti – allora giovani e all’inizio della propria carriera – operavano soprattutto come esecutori di progetti che venivano sviluppati all’interno di questa storica manifattura.
In loro era già visibile la qualità del fare, unita a una certa curiosità, alimentata dal confronto con autori legati al design milanese, anche grazie alle occasioni che si creavano con le mostre che organizzavo tra gli anni Ottanta e Novanta, dove erano sempre invitati, e con le opere che hanno realizzato su mio progetto per queste manifestazioni e per altre mie ricerche.
Con ironia tagliente e maestria assoluta, Bertozzi & Casoni hanno trasformato la ceramica in un linguaggio potente e provocatorio. Dalle tavole imbandite di resti e illusioni, ai cumuli di ossa e oggetti dimenticati, ogni loro opera è una celebrazione ambigua della materia, del gesto e del pensiero. Un’arte che attraversa l’artigianato e lo supera, fondendo bellezza e inquietudine in forme di maiolica iperrealista.
Oggetti che troviamo soprattutto nelle tante mostre collettive a cui il duo artistico ha partecipato come “L’arte della tavola” (1990, Abitare il Tempo, Verona) con l’opera Pic-nic table, o con il Vaso da passeggio, esposto per la prima volta nella rassegna “Per abitare con l’arte” (1991, ex Chiesa di San Carpoforo, Milano).
Già dalla seconda metà degli Ottanta, Bertozzi & Casoni mostrarono la passione verso la ceramica impegnandosi non solo nella grande capacità di elaborazione, attraverso la spettacolarità delle loro opere, ma anche nella ricerca di un proprio linguaggio denso di contenuti concettuali. Proprio questa componente riflessiva ha segnato la loro evoluzione da ceramisti a veri e propri artisti-ceramisti, capaci di ridefinire i confini della disciplina.
Fin dalle prime sculture come Re (1988) e Dormigliona (1991), la loro attività diventa in modo sempre più evidente un forte contributo all’affermazione della ceramica, spesso relegata ai margini della scena artistica contemporanea, dando così a questa pratica piena dignità portandola all’interno dei principali circuiti internazionali dell’arte.
Negli anni Novanta Bertozzi & Casoni si impegnano in opere più complesse, con influenze soprattutto di carattere surreale. Maioliche dipinte dove l’iperrealismo è sempre più ricercato fino a usare tecniche e materiali del mondo industriale, come la fotoceramica: temi come la contemplazione del presente e la caducità umana diventano centrali nella loro poetica.
Alle loro grandi opere – vere e proprie installazioni – si affiancano, con la stessa carica di fascino, i loro oggetti “quasi” domestici: quasi perché sono sempre carichi di allusioni surreali e di una certa dose di ironia. L’osservatore è così coinvolto su più livelli: dalla scala ambientale a quella microscopica.
Cumuli di ossa, cestini pieni di rifiuti attraversati da lumache, specchiature e vassoi con avanzi di cibo, zolle d’erba con macabri rifiuti sono alcuni dei segni che distinguono il loro lavoro ormai negli anni Duemila. Segni già prefigurati nei primi “accumuli” degli anni Ottanta, come il vassoio con tazzine, che parlano di una società consumistica – emblematica in questo senso Composizione 1 (2011), dove una cicogna e il suo nido poggiano su una torre di batterie.
Meraviglia, stupore e spettacolarità sono sempre presenti nelle loro opere, accompagnate da una forte voglia di esplorare tematiche legate al sociale e a problemi esistenziali.
La morte dell’eros (2000-2003) è forse l’opera più significativa, anche perché incompiuta per la prematura scomparsa
di Stefano Dal Monte Casoni e quindi terminata da Giampaolo Bertozzi.
L’insegnamento di questi due virtuosi ceramisti ha aperto un grande orizzonte all’interno del cosiddetto artigianato artistico. Un’area disciplinare che ancora oggi è carica di significati ambigui: né arte, né design.
Bertozzi & Casoni, con il loro percorso, hanno dimostrato che è possibile caricare l’artigianato artistico di significati, oltre che di valori fattuali, tali da collocarlo tra le più nobili sfere dell’arte. Con Bertozzi & Casoni la ceramica italiana, e in modo più specifico la maiolica legata al territorio faentino, ha raggiunto livelli tali da poter essere paragonata alle più alte tradizioni ceramiche internazionali, dalle varie esperienze del “craft” europeo a quelle delle raffinate tradizioni giapponesi.