Un tempo le preghiere, le risa e i silenzi dei monaci benedettini che vivevano sull’isola, erano così potenti da chiamare nel 1560 l’architetto più celebrato dell’epoca, Andrea Palladio, per la costruzione di un imponente refettorio nel quale trovò presto posto un dipinto destinato a fama immediata, quelle Nozze di Cana con cui Paolo Veronese raccontò uno degli episodi biblici più conosciuti: Gesù Cristo che tramuta l’acqua in vino.
Nella sala dedicata alla “Celebrazione”, un tripudio di piatti, bicchieri, argenti e altre opere d’arte accolgono il visitatore di Homo Faber 2024. Non prima di essere passati dalla cucina, dove mani artigiane confezionano delizie per gli occhi.
Oggi quella sala bellissima e immensa trasformata da Napoleone in un deposito d’armi, poi in un ricovero per malati e feriti, è il cuore della Fondazione Giorgio Cini, il suo luogo più spettacolare insieme con l’antistante chiostro, altra opera del Palladio, e lo scalone che Baldassare Longhena realizzò a metà del Seicento. Lungo i muri corre una parete di legno, sapiente intervento dell’architetto Michele De Lucchi chiamato a ridare vita allo spazio nei primi anni Duemila, alla parete una copia esatta del dipinto del Veronese, l’originale trafugato ed esposto oggi al Louvre di Parigi. Un rinnovato splendore che è stata scelta ovvia per il team curatoriale di Homo Faber 2024 e per i suoi direttori artistici: nella narrazione del viaggio della vita, non poteva che essere quello il luogo dove celebrarla.
Un filo rosso attraversa tutte le culture del pianeta: quando famiglie e amici si ritrovano per festeggiare un evento felice, ci sono sempre piatti, bicchieri e stoviglie varie, oltre ovviamente a cibo e bevande da condividere. Ed ecco quindi che la sala “Celebrazione” è lo spazio dedicato alle arti della tavola, o meglio sarebbe dire delle tavole, siano esse quelle occidentali preziose e adorne o quelle d’Oriente più essenziali, i tanti colori d’Africa o il bianco scandinavo. In un allestimento perimetrale che è dichiarato omaggio al genio di Carlo Scarpa, Luca Guadagnino e Nicolò Rosmarini hanno immaginato un tavolo di oltre venti metri appoggiato su un tappeto da loro disegnato e tessuto a mano dalle artigiane di Jaipur Rugs, eccellenza indiana di fama internazionale. Su di esso un trionfo di oggetti funzionali e decorativi, porcellane, cristalli e argenti – grande passione del regista di Challengers – ma anche cibi che solo a uno sguardo ravvicinato si rivelano per quello che sono, ovvero creazioni di vetro, carta, cera, ceramica e metallo a simulare frutti e verdure, pasticcini, torte e altre leccornie.
Grandi manifatture come Christofle e Bernardaud si uniscono ad artigiani indipendenti o piccole botteghe, in un dialogo a tratti inatteso e sorprendente dove all’apparecchiatura tradizionale si è preferito un approccio più creativo.
E a questo desco stroboscopico prende ovviamente posto anche tanta Italia: tra i molti nomi c’è il giovane MAM-Maestro d’Arte e Mestiere Simone Crestani, virtuoso del vetro di rilievo internazionale, e le celebrate Vetrerie di Empoli, o ancora le argenterie Ganci e Pagliai, che portano avanti il vessillo di due città che hanno storicamente vestito il ruolo di capitali mondiali nella lavorazione del prezioso metallo, rispettivamente Milano e Firenze.
Per accedere alla grande sala e poter così soddisfare l’appetito di occhi e cervello, i visitatori dovranno attraversare altri due spazi ricchi di talento e maestria. La scala che conduce al Cenacolo palladiano si trasforma in un giardino incantato grazie agli alberi immaginati dai direttori creativi assieme all’illustratore irlandese Nigel Peake, ideatore dell’intera identità visiva di Homo Faber 2024, mentre l’ambulacro diventa una cucina immaginaria nella quale trovano posto pentole, padelle e coltelli, ovvero tutto ciò che non si vede su una tavola ma è essenziale per la riuscita di un banchetto.
È in questo spazio che incontriamo una serie di artigiani al lavoro il cui savoir-faire è legato al tema principale della sala: coltellinai Maestri nell’arte dell’incisione, decoratori su porcellana e vetro, ma anche artisti della carta e del ricamo capaci di trasformare la materia prima in alimenti di sorprendente realismo.
Situata all’inizio del percorso di Homo Faber 2024, la sala dedicata alla “Celebrazione” mantiene la sua promessa: saziare la curiosità del visitatore, riempirgli gli occhi di incanto e affinarne il gusto. Accomodatevi, la bellezza è servita.