«L’artigiano prova, l’artigiano osa, l’artigiano doma la materia. Perché siamo sperimentatori». È la convinzione che muove la creatività di Vetrerie di Empoli, storico atelier specializzato nella produzione di vetro artistico da tavola e per la decorazione di interni. Fondato nella cittadina toscana nel 1938 per dedicarsi alla lavorazione del tipico vetro verde locale, oggi ha sede a Milano ed è gestito dalla terza generazione della famiglia Parentini insieme a una piccola squadra di artigiani, abilissimi nella molatura e nella decorazione a mano. Le loro opere impreziosiscono le tavole di clienti e hotel internazionali, che possono scegliere sia linee classiche sia design moderno, oltre a servizi di personalizzazione e restauro.
Da quasi un secolo, Vetrerie di Empoli crea con spirito libero oggetti unici per la tavola e la casa. Nata in Toscana e attiva a Milano, unisce tecniche antiche e forme nuove. Ogni collezione celebra la materia con incisioni, oro zecchino e invenzioni, fondendo arte, design e convivialità.
Il dialogo con Simona Belforti, export manager dell’azienda, parte da un’interessante riflessione: in Toscana il vetro parla una lingua diversa. Questo materiale, che nella regione si lavora sin dal tempo degli Etruschi, anche grazie alla successiva influenza della cultura medievale e rinascimentale, ha sempre lasciato liberi gli artigiani di esprimere la propria creatività: «Non hanno mai sentito l’urgenza di apparire riconoscibili, come i muranesi, i francesi o i boemi, semplicemente perché in Toscana si è sempre prodotto qualsiasi oggetto, dai fiaschi alla cristalleria più ricercata», spiega Belforti.
Dunque, le collezioni di Vetrerie di Empoli non inseguono uno stile, semmai lo destrutturano, lo ricompongono, lo inventano, continuando a osare nel segno della libertà assoluta. Uno degli esempi più eclatanti è Capriccio, una serie di bicchieri scolpiti a mano nel massello di vetro poi ricoperti in oro zecchino o platino. «Si tratta di una tecnica dimenticata, difficilissima da controllare, che è stata riscoperta nel nostro laboratorio. Il vetro viene scolpito in modo irregolare e l’aspetto materico della decorazione richiama i “non finiti” di Michelangelo». Poi c’è Marmo, altro picco di eccellenza artigianale, che ricrea sul vetro i colori e l’effetto dei marmi policromi impreziositi dall’inserimento di venature dorate. Aurora, che unisce sabbiatura a mano, incisioni segrete e pennellate libere. Arlecchino, che si ispira alla tradizione classica del vetro di fornace soffiato italiano. Dolce Vita, un tributo ai colori dell’Italia e delle sue opere d’arte…
Dalle parole di Simona Belforti risulta evidente che nei laboratori di Vetrerie di Empoli nulla, però, nasce a tavolino: «Sono le emozioni, che in quanto tali non sono prevedibili, a guidare piuttosto il processo creativo». Come quando, nella solitudine in cui la pandemia gettò l’umanità intera, Paolo Falasco, il capo dell’atelier, forse alla ricerca del suo centro interiore, un po’ come tutti noi, cominciò a disegnare dei cerchi. «Tornati in azienda, Tiziano Brusamento, il responsabile di produzione, aveva realizzato alcuni campioni. Erano i giorni in cui Milano veniva nominata sede delle Olimpiadi Invernali 2026…». Cerchi concentrici colorati – che siano quelli dell’anima oppure olimpici poco importa – oggi caratterizzano la collezione Olimpia.
A capo dell’azienda c’è Franco Parentini, figlio di Ugo, il fondatore, coadiuvato dalle figlie Olivia e Ilaria. L’attuale presidente è un uomo di grandissima cultura, che ha permesso ai suoi artigiani di sperimentare. Appassionato d’arte, custodisce nel suo ufficio il quadro Festa Campestre di Jan Boeckhorst (1604-1668) e, sicuramente d’accordo con il pensiero di Goethe, secondo cui «l’anima che vede la bellezza a volte può camminare da sola», ha fatto in modo che tutti i suoi collaboratori possano ammirare ogni giorno in azienda un prestigioso dipinto di Francesco Valaperta (1836-1908), L’ultima cena di Maria Stuarda. «Il signor Parentini ha un “occhio assoluto”, ovvero sa cogliere l’impercettibile, riuscendo a distinguere, per esempio, un fondo d’oro fiorentino da uno senese. È una poesia sentirlo spiegare il perché sono diversi, pur sembrando identici», spiega Belforti.
Il genio di Parentini, unito alla straordinaria capacità manuale e tecnica di Tiziano Brusamento, si è spinto anche a brevettare nel 2017 un calice unico, Gira e rigira, inserito nell’ADI Design Index e candidato al Compasso d’oro 2020: un piccolo globo in metallo posto tra l’apice dello stelo e la base del calice permette, con una lieve carezza del pollice, di imprimere un morbido movimento rotatorio al vino, in modo da consentirne la valutazione degli aspetti visivi, delle note olfattive e delle sensazioni gustative. È l’evoluzione di Ikebana, brevettato nel 2001, innovativo calice per la tavola che può variare in altezza aggiungendo o togliendo il gambo a seconda della mise en place. «Amiamo le sfide impossibili», chiosa Simona Belforti. Ed è proprio grazie a questa dedizione assoluta che anche la materia, alla fine, può svelare la sua anima.