La scenografia che ho immaginato per la mostra “Blossoming Beauty” è radicata nel terreno fertile dei dialoghi possibili e significativi tra le creazioni materiali e l’ambiente sensoriale (fisico e digitale) che esploro da diversi anni; in particolare, attraverso progetti cosiddetti “immersivi” con la Maison Cartier, il Louvre, l’Institut du Monde Arabe, in Francia e all’estero. Che il soggetto di queste mostre sia sociale, storico, artistico o scientifico, la parte intuitiva, emozionale e universale che questo approccio propone trasforma gli eventi in esperienze, individuali e collettive, dove la dimensione sensoriale attiva irresistibilmente un appetito cognitivo.
Un dialogo inedito tra esclusive creazioni in vetro e spettacolari composizioni floreali, firmate da famosi flower designers, che diventa un’esperienza immersiva grazie a una scenografia di evanescente bellezza che stimola le emozioni e il desiderio di comprensione.
La realizzazione di “Blossoming Beauty” è stata immaginata partendo dal dialogo tra il luogo (la Sala Bianca della Fondazione Giorgio Cini), le opere (creazioni uniche in vetro della fornace Venini disegnate appositamente per l’evento), gli autori (dieci flower designer internazionali), i principi fondamentali della Fondazione Michelangelo, l’identità dell’evento “Homo Faber” e naturalmente l’isola di San Giorgio Maggiore.
Si tratta di tessere legami, sia oggettivi sia impercettibili, tra questi diversi protagonisti. Il che richiede un periodo d’immersione, di comprensione attiva e intuitiva, da cui emerge un ecosistema scenografico in cui tutto si sostiene e contribuisce allo scambio. Il contesto particolare degli ultimi due anni ci ha permesso di estendere la riflessione, di affinare e perfezionare la nostra creazione. Tutto è anche una questione di condivisione, con una squadra dedicata costituita proprio in funzione degli universi e dei talenti di ciascuno. Così Christian Holl, ingegnere, sound designer e inventore; Olivier Brunet, regista; e Antoine+Manuel, grafici e artisti, si sono gradualmente uniti al filo della concezione e dell’avventura creativa.
“Blossoming Beauty” punteggia in modo singolare la visita a “Homo Faber”. Una parentesi minimalista che nasconde un ricco macrocosmo organico e sensoriale, un’unione e una fusione di due mestieri particolarmente vivaci e proteiformi: la creazione del vetro e la creazione floreale. I dieci flower designer del progetto, provenienti da diverse culture, apportano ognuno la propria visione estetica. Ci sono le inglesi Philippa Craddock e Nikki Tibbles, entrambe portavoce della tradizione floreale britannica, e il trio tutto al femminile di White Pepper Studio, che si ispira all’ikebana giapponese. Proprio dall’impero del Sol Levante arrivano Satoshi Kawamoto, al cui negozio-laboratorio di Tokyo si sono aggiunti negli anni quelli di New York e Milano, e il danese Nicolai Bergmann, che in Giappone ha messo radici divenendo una star indiscussa dell’arte floreale. Riconoscimenti anche per il francese Frédéric Dupré, insignito del titolo di Meilleur Ouvrier de France, per lo spagnolo Daniel Santamaria, che alterna il suo lavoro di flower designer a quello di insegnante presso la Escuela de Arte Floral di Barcellona, e per il tedesco Gregor Lersch, maestro indiscusso che propone i suoi laboratori attraverso il mondo. A chiudere la compagine, l’estro spettacolare del lituano Mantas Petruškevičius e la poesia rarefatta dell’americana Emily Avenson, che coltiva i suoi fiori in una fattoria della campagna belga.
Per la prima volta, questi maestri si sono misurati non solo con i fiori ma anche con i vasi: vasi unici, che Venini fa interpretare e realizzare dai suoi maestri vetrai. E che devono quindi essere adeguatamente valorizzati. A tal fine, due semplici parallelepipedi ospitano un vivace ambiente di cui le opere sono il nucleo; la combinazione centrale di vasi e composizioni floreali danzano dolcemente in un lento vorticare, al suono di una misteriosa composizione musicale, estesa all’infinito nello spessore delle pareti laccate e degli specchi. E intorno, nei quattro angoli, i materiali originali scorrono, si metamorfizzano, si allungano e si intrecciano allo stesso tempo. Perché nell’ibridazione c’è vita, e la vita deve sempre sbocciare per rivelare la sua forma più bella.