Fuoco e incudine furono nei tempi più remoti gli attributi dell’homo faber che plasmava potenti utensili in ferro: armi o attrezzi d’uso quotidiano. Scriveva lo storico Mircea Eliade, cultore dell’intreccio fra arti del metallo e alchimia, alludendo al dio Efesto: “La cooperazione tra il Fabbro divino e gli Dei non si limita alla sua partecipazione al grande combattimento per la sovranità del mondo. Il Fabbro è anche l’architetto e l’artigiano degli Dei”.
Dalla sfida tra l’uomo e la materia, dall’incontro tra manualità, tecnologia e design, il metallo diventa protagonista di progetti d’arredo scultorei. Albino Celato, erede della Manifattura De Castelli, è l’alchimista custode di un’arte ardua, tra concretezza e sperimentazione.
Trasponendo questa metafora ai giorni nostri, quanto la tradizione fabbrile si leghi mirabilmente all’ars aedificandi si conferma nella complicità tra manifatture e progettisti. Prova ne è, nel Trevisano, la manifattura di arredi e superfici in metallo De Castelli, giunta alla quarta generazione con Albino Celato, che a Crocetta del Montello tutela l’eredità del bisnonno Luigi, Maestro del ferro.
Qui i monti asolani giganteggiano e il Piave scorre maestoso a est, diramandosi in canali tra cui il Brentella. Celato racconta: «Erano le sue acque, ‘motore’ della ruota che dava vigore al maglio, ad aiutare il bisnonno a forgiare il ferro trasformandolo in badile o vomero». Con l’ingresso di Albino in azienda, negli anni Ottanta, le cose mutarono: per la realizzazione di componenti d’arredi conto terzi, a fianco delle lavorazioni manuali, furono introdotti programmazione digitale e taglio laser. Ma presto si avvertì l’esigenza di imprimere un carattere più personale al prodotto, e la contaminazione fra artigianalità, tecnologia e design parve la carta vincente. La gamma dei materiali si configurava con precisione: a ferro e acciaio si aggiungevano rame e ottone, metalli prìncipi sia per la produzione a catalogo – studiata con architetti, come Aldo Cibic e Michele De Lucchi, e messa a punto internamente all’azienda – sia per quella realizzata via via in partnership con marchi affini per eccellenza – Boffi o Paola Lenti –, sia per il custom – su disegno di interior designer e architetti di fama internazionale come Pezo von Ellrichshausen e Cino Zucchi. Quest’ultimo è, tra l’altro, autore nel 2014 del “portale” del Padiglione Italia all’Arsenale, per la 14a Biennale d’Architettura di Venezia: ad arco, a doppia curvatura, modellato come un grande orecchio per raccogliere segnali cosmici e convogliare suggestivamente i visitatori all’interno dell’edificio, Archimbuto (divenuto permanente) esprime la visionarietà di chi l’ha progettato e l’alta manifattura di De Castelli, che con sapienza l’ha modellato in acciaio corten. Analoghe le scansioni ad arco ideate da Zucchi per lo show room De Castelli a Milano, in via Visconti di Modrone. All’ingresso, le absidi – in ottone spazzolato e ossidato, a doppia formatura manuale – denotano l’attitudine sperimentale anche nelle qualità sonore, che profumano di antichi riti fabbrili.
Negli interni, le articolazioni degli spazi e gli arredi della sala centrale sono sempre giocati da Zucchi sull’armonia di sontuose cavità. A lato, nella Materioteca, campioni di lastre come piccole pale d’altare profano, testimoniano la duttilità dei metalli. Spiega Albino: «Il concetto di manifattura si esplica in prodotti realizzati con macchine ad alta tecnologia, ma trattati artigianalmente quanto a finiture delle superfici: saldatura, ossidazione, erosione, satinatura, spazzolatura, brunitura, ma anche formatura della lastra stessa. Una volta era eseguita dai ‘battilastra’, figure oggi presenti solo nel settore dell’auto d’epoca. Noi le stiamo reintroducendo grazie alle attività di formazione che da sempre perseguiamo».
Novello alchimista, Albino Celato ha dunque molte frecce al suo arco. Esplicite le denominazioni attribuite alle finiture metalliche ideate dall’azienda. Fra le tante: DeLabré: ossidazione manuale a nuvolature; DeOpale: ossidazione con effetti cromatici tipici dell’opale di fuoco; DeMarea: effetto marea, simile a quello lasciato dalle onde sulla battigia; DeErosion: a erosione controllata; oppure DeMosaic: a tessere componibili. Tutti sono utilizzati nell’ambito dei tre rami di produzione: Surfaces (rivestimenti), Architectural (custom), Collection (arredi).
Fra le proposte eclatanti, la panca in rame di 4 millimetri Wave di Lanzavecchia + Wai; il mobile Barista effetto canneté di Adriano Design; il tavolo Burraco di Zanellato/Bortotto. Infine, l’intramontabile cabinet Celato, con cassetti invisibili, rivestiti di ferro, acciaio, ottone, rame: micro architettura e summa di mitici saperi, tramandati in una manifattura che custodisce il bello e lo proietta nel futuro. •