“Raro” è un termine che descrive qualcosa che accade di rado, che ha un’aura di distinzione. Raro è qualcosa che ha valore, che è difficile da trovare. Raro è anche un termine associato ad alcune caratteristiche fisiche: pensiamo alle terre rare, o all’aria rarefatta che si respira sulle cime dei monti. Applicato alle qualità di una persona, a fenomeni naturali straordinari o a creazioni umane davvero uniche, il concetto di rarità incorpora sempre un elemento di desiderabilità, un’aura di preziosità, persino un velo di mistero.
Oggi, è utile notare, la stessa rarità sembra però farsi… sempre più rara. I progressi tecnologici, che si infrangono come onde possenti sulle scogliere delle nostre certezze e delle nostre aspettative, sembrano ammonirci sul fatto che tutto può essere replicato – dalle pietre preziose ai corpi umani – in numeri infiniti, in imitazioni senza limite.
Un mestiere raro racchiude il fascino della scoperta, di un segreto che si tramanda con sacrificio, è il contrario dell’ordinario e del replicabile. Un mestiere raro è un manifesto a favore di un nuovo Umanesimo da promuovere e sostenere.
Pertanto, quando ci siamo dati il compito di presentare i mestieri d’arte “rari” su questo numero della rivista di Fondazione Cologni, abbiamo investito lunghi mesi nel considerare il concetto stesso di rarità, e come rappresentarlo. Siamo partiti dalla ricerca che la Fondazione ha commissionato a Nurye Donatoni, curatrice e appassionata esploratrice di territori e mestieri: grazie a una metodologia rigorosa, pur se umana e dunque empatica, abbiamo selezionato storie esemplari e persone particolari, che meritano una narrazione speciale. Una narrazione nuova: non solo nello spazio di queste pagine, ma anche nell’agorà dove l’opinione pubblica incrocia l’informazione, e dove le politiche dovrebbero incontrare le necessità.
La narrazione che abbiamo deciso di sviluppare è legata alle diverse accezioni che abbiamo assegnato al termine “rarità”. Rara è la tecnica. O la presenza dell’artigiano su un territorio più o meno vasto. Raro è il fatto che una donna scelga un mestiere tradizionalmente svolto da un uomo. O che un giovane, vincendo mille difficoltà, decida di dare nuova vita a un’attività che sembrava destinata all’estinzione. Rari sono i materiali, e le competenze. Questi differenti punti di vista formano i capitoli di una storia in cui il protagonista è un concetto contemporaneo e inedito della rarità, e in cui il “cattivo” – se ce ne deve essere uno –
non è certo la tecnologia, ma l’omologazione.
Questi talenti rari, questi straordinari artigiani ci ricordano che è possibile trasformare una passione in una professione. Sono la prova che essere unici, diversi, straordinari non è uno stigma, ma una benedizione. Ci connettono con i loro territori, con le storie, con una conoscenza che magari non fa parte delle nostre esperienze quotidiane, ma che ha il potere di sorprenderci e di darci speranza. Speranza in un mondo in cui le mani dell’uomo sapranno sempre offrire il dono più prezioso e raro di tutti: il tocco generoso della passione.