Stregati dalla laguna

di Alessandra de Nitto

fotografie di Susanna Pozzoli

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 29 settembre 2024

A volte sulla riva di San Marco giungono velieri che recano nelle loro vele i venti di altri mondi.
— Mieczysław Kozłowski

Certo non esiste città al mondo più ammirata, più celebrata, più cantata dai poeti, più ritratta dagli artisti, più desiderata dagli innamorati, più visitata e più amata. «Venezia! Esiste un nome nelle lingue umane che abbia fatto sognare più di questo?», si chiedeva Guy de Maupassant, uno dei suoi amanti più illustri.

Simbolo immortale di bellezza e fascino, sognata da tutti, Venezia ha una lunga tradizione d’accoglienza. Artigiani provenienti da tutto il mondo hanno trovato qui la loro dimensione autentica di vita e lavoro, e illustrano con passione e tenacia il loro amore per questa città unica, “la città inverosimile tra tutte”…

 

L’approdo indescrivibile; la città inusitata; il paradiso delle città; la città inverosimile tra tutte: sono solo alcune delle definizioni di Venezia nate dall’ammirazione dei più grandi poeti di ogni tempo. «Grazie a Dio sono qui!», dichiarava un John Ruskin entusiasta e a suo dire felice come non mai, sotto una luna «sufficiente a fare impazzire metà dei savî della terra». Mentre Thomas Mann, che la adorava, non mancava di intuire la sua avvincente e pericolosa malia: «Venezia; beltà lusingatrice e ambigua – racconto di fate e insieme trappola per i forestieri.»
Peggy Guggenheim, dal canto suo, l’americana ribelle innamorata di Venezia tanto da sceglierla per sempre come sua dimora e donarle uno dei suoi musei più affascinanti e visitati, così metteva in guardia i giovani sposi dalla scelta di questa meta tanto agognata: «Tutti sono convinti che Venezia sia la città ideale per una luna di miele. Niente di più sbagliato! Vivere a Venezia o anche solo visitarla vuol dire innamorarsi di questa città, a tal punto da non lasciare più spazio ad altri amori.»
In occasione dell’edizione 2024 di Homo Faber, dedicata a The Journey of Life, fuori dalle magnifiche mura della Fondazione Giorgio Cini, sull’Isola di San Giorgio, avventurandosi tra le calli, i campi e campielli della città, salendo e scendendo i suoi mille ponti, il visitatore non distratto può scoprire con emozione e stupore il microcosmo di “Homo Faber in Città”: un itinerario inatteso tra botteghe e atelier dove ogni giorno si declina al presente la bellezza della grande tradizione artigiana veneziana. Sono luoghi straordinari del saper fare, abitati da artefici innamorati di Venezia, ma anche del loro mestiere, che in questa città unica al mondo assume un fascino e una motivazione senza pari. “Homo Faber in Città” è una rete virtuosa nata dall’invito di Michelangelo Foundation e Fondazione Cologni ai Maestri artigiani residenti, chiamati ad aprire le porte dei loro “santuari” di Venezia, Murano e Burano, per accogliere visitatori desiderosi di scoprire volti più nascosti e meno noti della città, perdendosi nella sua bellezza, forse per ritrovarsi.

 

Murile Balensi. Foto di Susanna Pozzoli © Michelangelo Foundation

 

È quel che è accaduto del resto a molti dei Maestri di questo itinerario, dove accanto ai veneziani per nascita possiamo incontrare quelli per destino, che questa città l’hanno scelta, decidendo di fermarsi e restare, trovando nei suoi luoghi spesso celati ai più la loro dimensione autentica di vita e di lavoro. Sono uomini e donne di talento che hanno scelto di lasciarsi sedurre dalla magia di Venezia e di viverla appieno, donandosi a lei con un amore consapevole e portandole in dote saperi e culture dei loro luoghi d’origine. Sono “foresti” d’eccezione, oggi in qualche modo “più realisti del re”, più appassionati di Venezia degli stessi veneziani.

Per costruire la rete delle settanta botteghe artigiane di “Homo Faber in Città” la Fondazione Cologni ha scelto Susanna Pozzoli, che il viaggio l’ha fatto al contrario, dall’Italia, scegliendo Parigi come luogo della sua formazione e poi come sua casa e studio. Fotografa e autrice, Susanna da anni ha scelto di testimoniare il lavoro artigiano, entrando in punta di piedi nelle botteghe dei Maestri e restituendoci la loro realtà più autentica con il suo sguardo d’artista nitido e poetico, capace di raccontare con sensibilità anzitutto l’umanità di queste persone speciali. Da lei raccolgo il racconto delle storie di questi viaggiatori che hanno fatto tappa a Venezia per sempre, trovando se stessi pienamente. Contraddicendo Peggy, il loro amore per la città non è stato totalizzante, ma ha nutrito il loro talento alimentando la passione per il saper fare e la felicità che sempre ne deriva. Sono persone che hanno scelto di guardare Venezia «con gli occhi dei loro sogni», come scriveva ancora Guy de Maupassant…

 

Moulaye Niang foto di Susanna Pozzoli © Michelangelo Foundation

 

Tra le molte vicende affascinanti di chi è stato portato sulle rive di Venezia dal suo personale journey of life, tutte da scoprire in occasione di “Homo Faber in Città”, scelgo di raccontarne due a mio avviso particolarmente emblematiche e dense di senso.
Come quella di Muriel Balensi. Cresciuta nel sud della Francia, studia e lavora a Parigi ma non si sente pienamente appagata: «Mi sembrava di non fare il lavoro per il quale ero venuta al mondo», dichiara. Nel corso di una vacanza a Venezia scopre l’incanto della lavorazione delle perle di vetro: è una vera chiamata del destino. Impavida, torna a Venezia con nulla (niente amici, niente soldi, nessuna conoscenza della lingua…). Dopo sedici anni, è oggi un’esperta riconosciuta del vetro a lume, una delle tecniche più ardue e solitarie del vetro, antichissima e destinata a pochi. “A tu per tu con fuoco e vetro”, senza una passione indomita non puoi creare.
Muriel realizza nel suo atelier di Murano, l’isola del vetro, perle uniche di rara bellezza, che poi usa per scolpire degli originali bijoux: colliers, braccialetti, diademi, spille, piccole sculture uniche e inconsuete da indossare, oggetti d’ornamento. Racconta del suo non facile amore per la città e i suoi abitanti, che ha dovuto conquistare dimostrando ogni giorno la sua passione e il suo talento. Oggi è felicemente una di loro e una delle sue opere, unica straniera ad aver ricevuto questo onore, è esposta presso il celebre Museo del Vetro di Murano.

 

Moulaye Niang foto di Susanna Pozzoli © Michelangelo Foundation

 

Anche la storia di Moulaye Niang, forse lo straniero più integrato e amato a Venezia, ha un fascino speciale ed è anch’essa legata al vetro: l’anima stessa di questa città, l’arte millenaria che ancor oggi trova straordinari interpreti in laguna.
Quindicenne, senegalese di origine cresciuto a Parigi, genitori artigiani, Moulaye scopre la città, e il vetro, capitando da turista per caso nella bottega di un grande Maestro, Vittorio Costantini. Ne resta ammaliato, e pochi anni dopo decide di tornare e realizzare il suo sogno.
Così lo racconta Jean Blanchaert nel suo libro, fresco di stampa, Musica senza suono. Maestri di Murano (Marsilio): «Con grande tenacia, dopo aver frequentato la Scuola del Vetro Abate Zanetti, Niang ha imparato l’arte antichissima delle perle a lume, all’interno della ristretta e gelosa cerchia dei Maestri di Murano.»
Nella sua bottega nel sestiere di Castello, l’artista senegalese realizza perle di vetro a lume, collane in vetro e ebano e altre creazioni che sono l’espressione di un’evidente contaminazione tra l’arte africana e quella veneziana. «Le perle sono una cosa che sento molto vicina a me, profondamente legate alla cultura africana dove sono presenti ovunque. Nel mondo animista le usano per le cerimonie e i Bassari (un popolo del Senegal, del Gambia e della Guinea che mantiene ancora intatte le antiche tradizioni africane) rappresentano ogni membro della famiglia con un piccolo puntino su una perla.»

 

Murile Balensi. Foto di Susanna Pozzoli © Michelangelo Foundation

 

In oltre vent’anni vissuti a Venezia, il “Muranero”, come è stato ribattezzato, ha saputo non senza fatica ritagliarsi il suo spazio, dando vita qui alla sua famiglia e diventando ambasciatore interculturale nella città simbolo del melting pot, dove ha portato colori, suoni (è anche musicista) e luci della sua terra. Grato al suo destino, animato dalla felicità del fare, Moulaye svolge anche nel suo atelier un’intensa attività didattica, insegnando l’arte del vetro a lume con competenza e passione: «La città mi ha dato tanto» afferma, «e io desidero condividere questa ricchezza con gli altri.»

Storie di abnegazione, di passione, di tenacia, di resilienza e infine di successo e di amore corrisposto in una città che certo non regala nulla, ma se la scegli ti mostra per sempre una via diversa, la strada per un’umanità più profonda e consapevole.

Alessandra de Nitto

Alessandra de Nitto

Alessandra de Nitto è direttore editoriale della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo Storia dell’Arte, ha svolto per diversi anni un’attività freelance in ambito culturale, curando mostre, libri e manifestazioni. Dal 1995, anno della sua nascita, si occupa dell’attività della Fondazione Cologni, con particolare riferimento alle numerose pubblicazioni, all’attività espositiva e alle varie iniziative di valorizzazione dell’alto artigianato portate avanti nell’ambito della sua mission.

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