Doppia firma. Il gioco si fa serio

di Alessandra de Nitto

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 26 Aprile - 2023

Il ludico spazia dal gioco all’umorismo, dall’ironia all’allusione, dalla metafora allo scherzo alla confusione consapevole, fino al rovesciamento di prospettive e valori: in quest’area concettuale il progettista e il Maestro d’arte sono chiamati a esprimere la propria visione, nella contaminazione e nella trasgressione, tra ironia e divertimento, in una dimensione di totale piacere e libertà creativa. Come osservava Ernesto L. Francalanci in uno storico e fondamentale testo sul tema, «Il fenomeno del ludico scopre una costellazione ulteriore di riferimenti, che orbitano intorno all’allusione, che vanno dai concetti di gioco e scherzo a quelli delle varie forme di umorismo, e quindi dell’arguzia e del comico (…) il ludico è espresso soprattutto dalla capacità di contaminazione e di fusione trasgressiva dei contenuti relativi al sapere e alla memoria» (Del Ludico. Dopo il sorriso delle avanguardie, Milano, Mazzotta, 1982).

La settima edizione di “Doppia Firma. Dialoghi tra pensiero progettuale e alto artigianato”, in mostra a Palazzo Litta per il Salone del Mobile 2023, ha come tema affascinante il ludico: da sempre presente nell’arte contemporanea e nelle arti applicate, fuori da regole e schemi.

 

Le 22 coppie di designer e maestri d’arte invitate da Michelangelo Foundation, Fondazione Cologni e Living a partecipare a questa inedita sfida creativa unendo le proprie visioni e competenze, secondo il format ormai consolidato e molto apprezzato di Doppia Firma, hanno declinato il tema con la più grande libertà espressiva, che si concretizza in tipologie, materiali, colori, dando vita a una ricca e sorprendente serie di complemeni d’arredo e oggetti iconici, alcuni dei quali creati ad hoc per l’evento. Molti i nomi di progettisti prestigiosi, tra cui Luca Nichetto, Chris Wolston, Supertoys Supertoys, Adam Nathaniel Furman, Victor Cadene, Giampiero Bodino, Matteo Cibic, Lucia Massari, Jaime Hayón, e altri designer di fama internazionale, che hanno lavorato con maestri d’arte e manifatture d’eccezione, come De Castelli, Barbini Specchi Veneziani, Emaux de Longwy, Craman Lagarde, Simone Crestani, Lunardelli Venezia, Ceramiche Gatti, Lladró e molte altre.

Doppia Firma valorizza da sempre l’unione tra l’innovazione del design e la tradizione dei grandi maestri d’arte. Qui il ruolo del progettista e del Maestro interagiscono, si integrano e si relazionano con pari dignità autoriale (da cui il principio appunto della “doppia firma”). Materiali e tecniche si incontrano dando vita a nuove interpretazioni di pezzi funzionali o decorativi. Il percorso narrativo si snoda anche quest’anno nelle magnifiche sale del piano nobile di Palazzo Litta, scenografico scrigno barocco nel cuore della città e prestigiosa sede del Segretariato regionale del Ministero della Cultura.
Al centro del cortile d’onore seicentesco del Richini, la grande opera site-specific realizzata dal Maestro milanese dell’arte dei metalli e delle pietre Gianluca Pacchioni, che ha collaborato con l’impresa artigiana veronese Girasole Pietre Naturali, specializzata nella ricerca e nella lavorazione della pietra, raccogliendo il prezioso patrimonio della tradizione territoriale. Protagonista d’eccezione del monumentale spazio l’artista artigiano, vero demiurgo erede della tradizione rinascimentale, esprime qui, con la potenza plastica che connota le sue opere, la forza e l’intensità dell’azione creativa, che scaturisce dall’incontro fra arte e ispirazione, talento e originalità, nel segno di un grande saper fare artistico e tecnico.

Nell’appartamento nobile di Palazzo Litta, presso il quale è allestita Doppia Firma, il motivo portante del ludico è declinato con sorprendente libertà inventiva e con una grande ricchezza di citazioni, commistioni e spunti, all’insegna di una creatività sempre fuori dagli schemi.
Il rimando al gioco è ricorrente, ma sempre interpretato con ironia e leggerezza, spesso in un certo senso fuori scala rispetto al vero: come nella grande scultura in ceramica ispirata alle formine dei bambini sulla spiaggia, di Atelier Biagetti e Ceramiche Gatti. E per fare solo alcuni esempi, è ancora l’infanzia a ispirare forme e colori della collezione di vasi in vetro decorati con le decalcomanie dei piatti della nonna che evocano fiabe, personaggi amati e ricordi, creati dal designer ceco Frantisek Jungvirt con Ajeto Glass Studio. Così pure i danesi Mardahl e Friborg si divertono creando una collezione di vasi stravaganti, giocosi e gioiosi, morbidi alla vista e colorati come marshmallows.

Sfumature e forme di colore giocose, modulabili, caratterizzano l’emozionante lampada scultorea in vetro immaginata da Adam Nathaniel Furman e realizzata da Curiousa. Jamie Hayón, con la manifattura spagnola Lladró, ha creato in seducenti e delicate tonalità pastello la collezione Embraced in porcellana: protagonista un personaggio uscito dai giochi infantili tra ironia e tenerezza, che si abbraccia avvolgendosi completamente su se stesso e rappresenta perfettamente l’idea di prendersi cura amorevolmente di sé. Adriana Gómez e Yecid Robayo Ruiz, colombiani, hanno invece attinto alla loro tradizione e al territorio scegliendo la figura dell’armadillo, animale che vive in tutta l’America Latina e che molto spesso compare in storie e canzoni popolari, per dare vita alla loro originalissima poltroncina in frassino, teak e tessuto, mentre Victor Cadène, artista e illustratore, ha disegnato per la storica Maison Thévenon un giocoso e prezioso paravento in legno, lino stampato e ottone, con un raffinato decoro orientalista ispirato ai dipinti di Ingres o Matisse, sorta di ode alle delizie dell’“ozio mediterraneo”.

Il ludico si declina anche in modo spaesante nel rovesciamento della realtà e della funzione dell’oggetto: è il caso del palloncino che non vola del duo di designer austriaci Yvonne Brunner & Daniel Zeisner, con l’atelier Breitwieser: una lampada minimalista dove il palloncino, nella realtà leggerissimo, è bloccato a terra da una grossa pietra, apparentemente contro ogni logica.
Trompe l’œil e falsi materiali rappresentano un’ulteriore declinazione ludica, più contemporanea e concettuale: i pavimenti di Palazzo Litta trovano nuova vita nel progetto del paravento di Giampiero Bodino, realizzato in metallo da De Castelli, mentre gli svizzeri Philippe Kramer e Atelier B realizzano un tavolo corredato di lampada e vaso in legno e materiali sintetici, ceramica e metallo, dove la tecnica del finto marmo, finemente dipinto, e il trompe l’œil concorrono a creare l’inganno sensoriale e percettivo, giocando sapientemente con la verosimiglianza.

Senza dimenticare la felicità del fare, l’amore per i materiali e la maestria: tra gli esempi forse più riusciti l’incantevole creazione di Pierre Marie, che per il suo progetto sceglie Lison de Caunes, maestra parigina dell’intarsio in paglia. Grazie al suo savoir-faire unico il favoloso mondo del designer francese, innamorato del decoro e del colore, trova espressione in una boite en marqueterie che evoca l’oro, il lapislazzuli e i legni più pregiati, diventando scrigno prezioso e sorprendente.

Alessandra de Nitto

Alessandra de Nitto

Alessandra de Nitto è direttore editoriale della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo Storia dell’Arte, ha svolto per diversi anni un’attività freelance in ambito culturale, curando mostre, libri e manifestazioni. Dal 1995, anno della sua nascita, si occupa dell’attività della Fondazione Cologni, con particolare riferimento alle numerose pubblicazioni, all’attività espositiva e alle varie iniziative di valorizzazione dell’alto artigianato portate avanti nell’ambito della sua mission.

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