Con il termine “manifattura” si intende il complesso dei lavori e delle operazioni, eseguite a mano o a macchina, per le quali una materia prima viene trasformata in oggetto di consumo, cioè in manufatto (Treccani). Manifattura è anche sinonimo di fabbrica, industria, officina, opificio, stabilimento. Se poi si parla di manufatto (manu factus), denominazione generica di prodotti, non necessariamente fatti a mano, derivati dalla lavorazione di materie prime, aumenta l’incertezza sui confini di senso di queste parole.
L’equilibrata relazione tra saperi e talenti diversi, si è dimostrata nel tempo capace di esaltare il valore delle qualità italiane.
Manifattura è un tipo di cooperazione che per Marx rappresenta un grado superiore di organizzazione del lavoro rispetto a quello artigianale, ne costituisce la naturale evoluzione. Dal suo pensiero possono essere estrapolate tre principali novità: a) la manifattura riunisce singoli e diversi mestieri artigianali sotto la direzione di un unico imprenditore; b) il mestiere individuale viene decomposto “nelle sue operazioni particolari, isolandole e rendendole indipendenti fino al punto che ognuna di esse diviene funzione esclusiva d’un particolare operaio”, da una parte generando “il virtuosismo dell’operaio parziale” e, dall’altra, rendendo “ la merce prodotta frutto di un lavoro sociale”; c) il lavoro viene concentrato in un unico luogo, l’officina. Questa è un’altra innovazione che accentua le distanze tra manifattura e botteghe artigiane del Medioevo che a loro volta, come scrive Le Goff, avevano sostituito i laboratori delle grandi proprietà dell’età antica, conferendo alla città medievale un importante ruolo produttivo ancora oggi testimoniato dalla persistenza, nella toponimia di quelle attuali, di denominazioni come via dei Tintori, dei Drappieri, degli Orefici.
A queste prime tre novità ne andrebbero aggiunte altre due: d) l’introduzione della figura dell’artista e, quindi, di una specifica attività progettuale di oggetti d’uso affidata a uno specialista, l’art manufacturer, espressione usata nel 1849 da Henry Cole nel suo Journal of Design and Manufacture, qualche anno prima della Great Exhibition. Questo è un concetto decisivo nella storia del design già introdotto da chi, come Wiliam Morris, parla di “arte applicata” che poi, più avanti, diventerà “arte applicata all’industria”; e) la graduale familiarizzazione dell’artigiano-operaio con le macchine.
Questo tipo di cooperazione, la manifattura, è già presente nella seconda metà del secolo XVI e maturerà con le iniziative di Jean-Baptiste Colbert alla corte di Luigi XIV, le Roi Soleil. Paradigmatico il caso delle Manifatture dei Gobelins, specializzate nella tessitura di arazzi e ancora attive a Parigi. Autorevoli i nomi di artisti, come Cézanne, Léger, Calder, che hanno lavorato nel corso del tempo per questo brand. Tra le manifatture storiche si segnalano quelle sorte, ancor prima, nella Milano visconteo-sforzesca (di tessuti, gioielli, arredi, armi, strumenti musicali), quelle della porcellana, create in Europa nel secolo XVII a Meissen, Sèvres, Vienna, Doccia, Capodimonte, o la colonia manifatturiera e agricola di San Leucio, specializzata nella produzione delle sete, regolamentata da un apposito statuto, il Codice leuciano, firmato da Ferdinando IV di Borbone.
Questa produzione “lenta” che convive con la fabbrica contemporanea, come testimoniato da un’azienda come la Brunello Cucinelli, sopravviverà anche alla Fabbrica 4.0 perché è in grado, in una equilibrata relazione tra management, artigiani e progettisti, di esaltare il valore delle qualità italiane.