Gioco di trame e colori

di Giovanna Marchello

pubblicato su Mestieri d’Arte & Design. Crafts Culture n. 29 settembre 2024

The Journey of Life è lo spunto per un grande progetto collettivo, appositamente commissionato dalla Michelangelo Foundation per Homo Faber 2024, che coinvolge venti ricamatori indipendenti e atelier in quattro continenti. Ispirato al Gioco dell’Oca, questo progetto è una straordinaria occasione per ammirare tecniche esecutive, materiali e interpretazioni che attingono a culture e tradizioni molto diverse tra loro.

 

Un ambizioso progetto collettivo coinvolge 20 ricamatori indipendenti e atelier provenienti da quattro continenti, offrendo un’opportunità unica per ammirare tecniche e materiali diversi, ispirati al tradizionale Gioco dell’Oca. Questo antico gioco, reinterpretato attraverso l’arte del ricamo, diventa una potente allegoria della vita, unendo simbolismo e creatività in un’opera d’arte globale.

 

Al contempo, ci consente di riscoprire la storia di un gioco antico, che siamo abituati ad associare ai bambini, ma che per molti secoli è stato appannaggio degli adulti. Si ipotizza che il suo archetipo sia nato nell’antico Egitto, o che derivi da un gioco cinese, costituito appunto da una serie di caselle numerate disposte a spirale. È però certo che, dopo che nel 1580 Francesco I de’ Medici ne fece dono a Filippo II di Spagna, il Gioco dell’Oca riscosse subito una grande popolarità e si diffuse in tutta Europa.

 

Kyoko Sugiura è esperta in numerose tecniche di ricamo in filo di seta. Tra le sue specialità il crochet de Lunéville, molto utilizzata nell’alta moda. Membro dell’Atelier d’Art de France, l’artista vive e lavora tra Tokyo e Parigi. Foto: Kyoko Création.

 

Si sa che i giochi da tavolo sono da sempre occasioni di socializzazione e di intrattenimento, ma il Gioco dell’Oca ha avuto per molti secoli un significato anche fortemente simbolico. Le caselle raffiguranti l’Oca, infatti, rappresentano la buona sorte, mentre i “pericoli”, come il Ponte, e il Labirinto, quella avversa. Il gioco diventa così un’allegoria della vita, che deve sottostare all’imprevedibilità del caso rappresentato dai dadi che il giocatore lancia per determinare il numero di caselle sulle quali spostare il suo pedone. Un’incognita che diventa uno degli elementi costitutivi del progetto stesso, ideato da Nigel Peake, che per Homo Faber 2024 ha curato tutta la veste grafica. «La migliore conversazione è quella in cui non si sa cosa dirà l’altro in risposta», spiega l’architetto e designer. «Analogamente, io non sapevo come ciascun artista avrebbe tradotto i miei disegni: penso che quello che rende un progetto speciale sia proprio questo elemento di imponderabilità».

 

Il Labirinto disegnato da Nigel Peake diventa un gioco di colori e contrasti nelle mani dei ricamatori del Kalhath Institute di Lucknow, capitale dello Stato indiano dell’Uttar Pradesh. Foto: Kalhath Institute.

 

«I miei disegni» continua Peake, «sono in realtà uno spartito che ciascun artigiano ha interpretato con la propria voce.» Un grande coro che è un esempio concreto di inclusività: a fianco di nomi illustri quali de Gournay (UK), Pino Grasso Ricami (Italia), Le Bégonia d’Or della Maestra d’arte Sylvie Deschamps (Francia), Paquili (Spagna), troviamo realtà forse meno note ma non meno rilevanti quali Zarif Design (Afghanistan), Tilli Tanit (Tunisia), Houria Tazi (Marocco), Uedi di pehni arcoíris in collaborazione con Arte de mi Tierra (Messico), Mapula Embroidery Studio (Sudafrica), Kisany (Rwanda), Kalhath Institute (India). E poi ancora artigiani indipendenti che rappresentano l’evoluzione contemporanea di tradizioni secolari: Heehwa Jo (Corea del Sud), Julia Vysokova (Russia-Canada), Kyoko Sugiura (Giappone), Egla Memaj (Albania), Maral Sheuhmelian (Armenia), Dinis Pereira (Portogallo), Linnea Lyndon (Finlandia-UK), Oxana Chip (Ukraina-Svizzera), Nodir Rasulov (Uzbekistan).

 

Ricamatrici al lavoro negli spazi di Zarif Design, a Kabul, una realtà nata per dare sostegno economico e dignità alle donne, oltre a preservare il patrimonio artistico e artigianale dell’Afghanistan che attinge alla storia millenaria del Paese. Foto: M. Etemadi.

 

Le caselle disegnate da Nigel Peake riprendono l’impianto originale del Gioco dell’Oca, integrato da riferimenti alla città che ospita la manifestazione. «Venezia è un luogo piacevole in cui perdersi,» spiega. «Una calle stretta diventa a volte un canale. Una linea diventa una chiesa, poi un ponte, poi una piazza.» A inframmezzare le tessere di Oche, Ponti e Labirinti troviamo quindi delle porzioni ingrandite della mappa di Venezia che, a seconda del gusto personale di ciascun ricamatore e ricamatrice, diventano talvolta delle astrazioni grafiche, sempre però riconducibili al gioco stesso.

 

L’artista albanese Egla Memaj è specializzata nel ricamo in filo d’oro e d’argento. Ha trovato molto stimolante il significato allegorico del Gioco dell’Oca, che ha interpretato con il suo stile caratterizzato dal punto pieno di grandi dimensioni. Foto: Egla Memaj.

 

Ecco che le sessanta imponenti tessere ricamate del Gioco dell’Oca che aprono il percorso di Homo Faber 2024, nel Chiostro dei Cipressi, sono sia l’incipit del “Viaggio della vita” che è il fil rouge della manifestazione, sia uno straordinario compendio del ricamo tradizionale e contemporaneo. Un esercizio di stile che talvolta è anche una sfida, nella quale gli artigiani e le artigiane accettano di uscire dalla loro comfort zone per creare una vera e propria prova d’autore, per esprimere non solo la loro individuale maestria, creatività e capacità interpretativa, ma anche la cultura del proprio Paese, la loro storia personale, la loro indole e, ultima ma non meno importante, la loro umanità.

 

La portoghese Dinis Pereira è maestra nel ricamo in feltro tipico della regione di Nisa, nell’alto Alentejo. Nei suoi pannelli sposa la geometricità del disegno di Nigel Peake con i motivi floreali della sua tradizione. Foto: Kitty Oliveira.

Tre pannelli del Gioco dell’Oca sono stati ricamati a Kigali, Rwanda, in un atelier gestito interamente da donne, nell’ambito di un progetto pluridecennale sostenuto dall’impresa sociale belga Kisany. Foto: Kisany.

L’artista Oxana Chip crea spettacolari ricami nei quali abbina il crochet de Lunéville alla pittura acrilica. Foto: Oxana Chio.

Giovanna Marchello

Giovanna Marchello

Cresciuta in un ambiente internazionale tra il Giappone, la Finlandia e l’Italia, appassionata di letteratura inglese, vive e lavora a Milano, dove si occupa da 30 anni di moda. Segue progetti culturali legati ai mestieri d’arte, collabora con alcune fondazioni ed è luxury goods contributor del mensile russo Kak Potratit.

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